martedì 7 agosto 2007

primo viaggio. marocco marzo 2007


Sono solo tre giorni che mi trovo a Rabat, dal mio arrivo in marocco, che già vengo dirottata a marrakesh, a sud. All’agence marocaine de cooperation internationalle mi dicono che era previsto che la mia borsa di studio si svolgesse a marrakesh, e non a rabat, come invece mi avevano detto all’ambasciata marocchina a roma. Ma non si preoccupi signorina, se preferisce restare a rabat non c’è problema, possiamo facilmente cambiare le carte e registrare il cambio di assegnazione iscrivendola qui, all’università della capitale. Il n’y a pas de problem. Perché, non le piace marrakesh? L’ha visitata? È una città bellissima, c’è tutto, turismo, divertimento, la piazza djama al-fna è tra le più belle del marocco. È famosa marrakesh lo sa?
Certo che lo so, ma mi ero quasi abituata a Rabat, al suo vento d’oceano.
Le consiglio di farsi un giro a marrakesh, vada lì a vedere l’università se le piace, ne potrà approfittare per visitare la città e godere delle sue bellezze. A quel punto potrà scegliere se rimanere qui o trasferirsi a marrakesh. Il n’y a pas de problem.
Va bene, andrò. Arrivederci.

Il treno arriva puntuale da Tangeri, estrema punta nord della linea ferroviaria marocchina, e parte puntuale dal binario due, diretto a marrakesh, ultima stazione a sud, dopo la quale i binari sono interrotti e gli spostamenti avvengono tramite altri mezzi di trasporto. Mi piacciono i treni marocchini. Sono puntuali e sembrano puliti. I sedili sono in pelle, lucida e rossa arancione nelle carrozze a scompartimenti separati, azzurrina o gialla nei vagoni comuni, dove i sedili sono sistemati uno di fronte all’altro a gruppi di due. Il viaggio inizia, pochi passeggeri ancora, ma presto il treno si riempie, alla stazione di rabat agdal prima, dove uomini in giacca e cravatta salgono e silenziosi e composti si siedono dopo aver sistemato valigetta e cartelline sui porta bagagli sopra le loro teste, una volta sistemati sfilano da sotto il braccio un qualche quotidiano che iniziano a sfogliare, comodi nei loro larghi sedili e nella propria eleganza. Alla stazione di Casa Voyageurs, o dar al-baida al musafirin, poi, il treno si riempie di nuovo, e i corpi si muovono da un vagone all’altro fino alla stazione principale di Casablanca, dove una seconda ondata di persone affluisce sul treno e si mescola ai meno recenti nuovi passeggeri, tutti insieme alla ricerca di un posto. Solo dopo una decina di minuti buoni, vari spostamenti, voci, richiami, e separazioni familiari, tutti hanno trovato un posto dove sedersi, e solo uno o due ragazzi si scorgono in fondo al vagone, rimasti in piedi vicino ai bagni, nella zona di passaggio da una carrozza all’altra. Solo ora il treno sembra pronto per il viaggio. I viaggiatori saliti a Casablanca, sono tutti diversi, più particolari. Ancora uomini in completo, giovani ragazze in tailleur, vestitini, giovani vestiti alla moda, capelli neri bagnati e ingelatinati, donne velate in gellaba azzurre, accompagnate da bambini/e, bagagli pesanti e ingombranti, giovani uomini con pochi baffi e pochi denti, magri, alti, occhi neri fulminanti, operai giovani e vecchi con poco bagaglio, anziane dal volto scuro e corrugato, piccoli occhi azzurrini luminosi tra il velo morbido e di colore tenue e la gellaba ampia, decorata, accompagnate da mariti alti nonostante il peso delle vecchie ossa, o da figlie sorelle nipoti, intere generazioni di femmine. Dopo il trambusto iniziale della caccia al posto libero, quando tutti son sistemati, un silenzio di qualche minuto accompagna gli sguardi di ricognizione dell’ambiente, graduale familiarizzazione con il luogo, i propri vicini, e acquisizione di coscienza della propria presenza, qui, intera, sana e salva. Ognuno è entrato in possesso della propria presenza, ora si può riprendere la conversazione da dove la si era lasciata, oppure iniziarne una nuova.
Nel mio scompartimento è arrivata una famiglia, un uomo anziano con sua moglie, e quelli che in un primo momento mi sembrano i due giovani figli. Tutti i loro movimenti iniziali sono mirati a far sedere comodamente la vecchia madre, minuta, muta nella sua gellaba nera decorata con i fili azzurri e arancioni, vecchia gellaba consumata indossata da anni, zitta zitta si lascia guidare dal figlio, il quale la siede vicino al finestrino, poco lontana da me. Lo spazio tra noi lo occupa il padre, anch’egli minuto, curvo, in una larga gellaba arancione di stoffa grezza, pesante, piccola testa scura coperta da un cappellino marrone spelacchiato, si siede appoggia il bastone tra le gambe fermandolo tra i piedi intrappolati nei sandali di cuoio scuro. I figli sistemano i pesanti bagagli sui ripiani, borse di stoffa legate assieme da corde e enormi buste di plastica con le cerniere scucite. Poi tutti sudati si voltano, si siedono di fronte ai genitori, si sistemano, sospirano, e si accorgono di me e degli altri passeggeri dello scompartimento. Occhiata di presentazione. Buongiorno. Eccoci.

1 commento:

rafiqqq ha detto...

e bravissima viola!!
vorrei anche il resto...
saluti a tutte le pessottimiste...scrivete, SCRIVETE!
YUSUF LO SCEICCO DI PALERMO